Il tirocinio: manodopera gratis?

Riflessioni da un’esperienza ventennale di agenzia di orientamento al lavoro per le fasce deboli

Oggi uno degli strumenti più frequentemente utilizzati nelle politiche attive del lavoro, spesso anche dai nostri servizi per l’orientamento e l’inserimento lavorativo, il tirocinio, è spesso al centro di polemiche.

Sono numerose le testimonianze di persone che denunciano situazioni di sfruttamento, di essere cioè stati considerati nel corso del tirocinio come manodopera gratuita.

Si tratta di un tema davvero delicato, che va approfondito a partire dalla fedeltà alla visione che ci ispira, che è quella di mettere la persona al centro.

 

Georges Tabacchi

Georges Tabacchi

Presidente del Consorzio Sociale Abele Lavoro

Partiamo quindi proprio dalle persone, quelle che incontriamo ai nostri sportelli, e che giungono da noi – direttamente o inviate dai servizi – con una serie di bisogni, talvolta espressi, talvolta impliciti e con atteggiamenti che le caratterizzano. Proviamo a riassumere questa complessità con una frase con cui la persona riassume bisogni, sensazioni, valutazioni e stati d’animo.

Le prime due frasi, sicuramente le più frequenti, che un operatore dei servizi per l’impiego sente dal proprio interlocutore sono:

a) “ho bisogno di lavorare per avere un reddito”;

b) “ho bisogno di lavorare per essere occupato e sentirmi utile”.

Queste primi due bisogni esprimono senza dubbio l’intensità del desiderio delle persone; emergono da situazioni in cui la persona è davvero desiderosa di lavorare e rappresentano entrambi un ottimo motivo per cercare un posto di lavoro; ma non sempre indicano al tempo stesso l’effettivo possesso da parte delle persone delle competenze necessarie per trovare e mantenere un posto di lavoro.

Una terza frase, anch’essa molto frequente, giunge come risposta alla domanda relativa a quale lavoro la persona intende fare:

c) “qualsiasi lavoro va bene”.

L’esperienza di questi anni ci dice che questo tipo di risposta, a prima vista ci descrive una persona volenterosa e disponibile, è però anche un segno di svalutazione del lavoro e della differenza che esiste tra un lavoro e l’altro. Spesso questa risposta si accompagna da una scarsa scolarità o esperienza professionale e quindi, contrariamente alla prima impressione si associa a situazioni in cui il collocamento risulta difficile.

E passiamo così alla quarta frase:

d) “più che di un lavoro ho bisogno di un aiuto economico”.

Questa affermazione rivela tutta la complessità del lavorare con le persone. La necessità di assistenza in alcune occasioni può essere un punto di partenza per avvicinarsi al lavoro, ma ci parla di situazioni in cui bisogna essere consapevoli che il lavoro da solo non potrà essere sufficiente, come avviene in molti casi di persone in grave situazione di indigenza.

Vi sono poi persone che si presentano dicendo:

e) “non so se ce la faccio”.

Questa è una sensazione frequente nelle persone che giungono al nostro servizio dopo un percorso terapeutico, in cui ad un certo punto il lavoro è un elemento importante per dare senso alla propria giornata e per il proprio percorso di inclusione.

Accanto a queste espressioni circa un possibile lavoro, va poi tenuto conto che non è infrequente relazionarsi con persone che presentano limiti sociali o fisici o mentali con i quali è improponibile ragionare in termini di autonomia; in questi casi, in una logica di ammortizzatore sociale più che di inserimento lavorativo, è necessario pensare a stage come forma di sostegno al reddito e come attività occupazionale e relazionale che dia dignità al quotidiano.

Vi è poi l’altro polo della questione, l’impresa. Anche in questo caso ci si confronta con situazioni tra loro diverse:

  1. il tipo di mercato in cui l’impresa opera. Più chiama in causa profili dequalificati, più sono alti i rischi di incomprensione e si possono incontrare atteggiamenti rigidi, poco adatti ad includere;
  2. la personalità del datore di lavoro. I fattori caratteriali incidono notevolmente; sono in ogni caso una palestra di relazioni con la quale misurarsi;
  3. la reputazione dell’azienda: l’altro elemento da non sottovalutare, quando ci si rapporta con un’azienda, è quello reputazionale; il suo rapporto con il territorio e con le varie agenzie con le quali collabora dice molto del tipo di organizzazione con la quale si avrà a che fare.

Arriviamo alla funzione del tutoraggio.

Il senso del tutoraggio del tirocinio si colloca nell’incrocio tra i bisogni delle persone (e dei servizi invianti, quando ci sono) con il mondo dell’impresa e dei suoi vari modelli gestionali. Di qui è necessario partire per sviluppare un discorso compiuto sul tutoraggio e su quando rappresenti una effettiva opportunità per la persona.

Forse con qualche semplificazione, si può affermare che un tutoraggio è utile ed efficace quando si agisce su tre livelli:

  1. conoscenza approfondita della persona e dell’azienda. Il matching tra persona e impresa va governato e non lasciato alle buone intenzioni, vanno definiti obiettivi possibili e raggiungibili e gli step intermedi;
  2. capacità di accompagnamento della persona e dell’azienda a fronte di incomprensioni tra le parti o attese di risultati non concordanti. L’aspetto motivazionale a non arrendersi al primo ostacolo è stato spesso determinante per la prosecuzione del percorso.
  3. capacità di restituzione e di elaborazione del percorso per non compromettere le acquisizioni anche quando il tutto non si è svolto al meglio sia per la persona che per l’azienda.

E, di contro, va indicato cosa il tirocinio non può e non deve essere:

  1. uno strumento interamente gestito dell’azienda e dalla persona che cerca lavoro. Essendo uno strumento di politica attiva del lavoro disciplinato dalla legge deve essere accompagnato da una figura terza;
  2. una pratica d’incontro indifferenziata. Il tirocinio deve accompagnarsi ad un progetto personalizzato d’inserimento lavorativo e deve essere monitorato per tutto il percorso;
  3. l’attività di un’agenzia interinale. Se si ha a che fare con persone il cui solo problema è la disoccupazione, che possono portare sulle proprie spalle anche il peso di un’esperienza negativa, l’agenzia interinale può fare la sua parte; ma se ci riferiamo a persone vulnerabili, un soggetto, come l’agenzia interinale, che obbedisce all’unico criterio della ricerca del gradimento da parte del datore di lavoro, risulta del tutto inadeguato e spesso controproducente e dannoso.

È evidente che, alla luce di quanto sin qui detto, deriva la proposta di un percorso impegnativo sia per la persona, sia per l’azienda, un percorso che tende a coinvolgere entrambi questi soggetti in un’interazione impegnativa e basata su fatti oggettivi, in cui anche l’operatore è coinvolto come parte terza. Si tratta di un percorso ad alta personalizzazione, che richiede a tutti la responsabilità di essere fedeli al mandato di ogni singolo tirocinio, di rispettarne gli esiti attesi. Anche quando il soggetto finanziatore fosse poco consapevole di questi aspetti e rimanesse estraneo alla pratica quotidiana del tirocinio, tutor, persona inserita e azienda sono pienamente coinvolti su tutti questi passaggi. Quando queste sono le premesse, il tirocinio non rappresenta in nessun modo uno “sfruttamento di manodopera”.

Al tempo stesso, siamo consapevoli che esistono pratiche molto diverse. Tirocini lasciati alla sola relazione tra persona e azienda, non governati, in cui non è mai stato chiarito il senso per cui sono stati avviati e che facilmente sono diventati uno sfruttamento di manodopera a basso costo e poco valorizzata a livello professionale; e non stupisce affatto, in questi casi, che si generi frustrazione e senso di sfruttamento.

Anni fa un noto claim pubblicitario richiamava i rischi di una vacanza improvvisata, senza appoggiarsi ad una agenzia specializzata. Ecco, questo è quanto mai vero quando si tratta di persone fragili alla ricerca di lavoro. Il fatto che il tirocinio sia effettivamente un’esperienza utile per le persone in base alle loro caratteristiche come si sono riassunte in apertura – è legato alla garanzia dell’ente terzo che cura l’individuazione dell’azienda e il tutoraggio; in caso contrario, le tutele non sono certe e il rischio di sfruttamento è reale.

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial