Alice e la cucina di Pina
La Cooperativa Sociale Alice nasce ad Alba nel 1982 con uno scopo preciso: occuparsi di persone in difficoltà offrendo loro assistenza ed accompagnamento per un completo reinserimento sociale. Condivide con il Consorzio Abele Lavoro la partecipazione al CNCA e i valori che questa rete esprime.
È Francesca a raccontarci questa storia di successo: “La Cooperativa Alice si occupa principalmente di servizi alla persona nel territorio dell’albese”. Una scelta strategica e di senso quella di rivolgersi e concentrarsi esclusivamente sul territorio più prossimo alla cooperativa. “Questa realtà è cresciuta tantissimo negli ultimi anni: oggi conta infatti circa duecento soci lavoratori”. La Cooperativa Alice gestisce da sempre comunità per ragazzi tossicodipendenti e centri diurni per ragazzi disabili; negli anni poi sono nate altre forme di servizio, accoglienza e supporto a persone svantaggiate, come la gestione dei migranti piuttosto che di famiglie in difficoltà abitative.
Casa Pina e la Cucina di Pina
Nel 2008 ha inizio una nuova avventura, quella che possiamo definire una vera storia di solidarietà sociale: la Signora Pina, vedova e senza eredi, conosciuta da tutti in quel di Alba per una vita all’insegna della solidarietà, dona alla cooperativa Alice una cascina per realizzare degli alloggi in cui ospitare persone e famiglie in difficoltà.
Oggi Casa di Pina è un housing sociale che dispone di 12 alloggi; il dodicesimo è quello dove ha vissuto la Signora Pina sino a quando, pochi anni fa, è venuta a mancare. Ci sono poi gli uffici per gli operatori che seguono le persone accolte nella casa e un alloggio dedicato al portierato sociale. E in ultimo c’è la Cucina di Pina, che Francesca ci racconta con grande entusiasmo.
La Cucina di Pina raccoglie al suo interno tre servizi diversi: una mensa, un laboratorio di produzione e un’attività di catering. “La Cucina di Pina nasce inizialmente dalla necessità di centralizzare la preparazione dei pasti destinati agli ospiti dei tre centri diurni e delle due comunità. Un vero e proprio servizio mensa che si avvale dell’aiuto dei volontari che ogni giorno distribuiscono i pasti presso i nostri centri”.
In cucina si lavora sin dal mattino, anche attraverso la collaborazione e l’aiuto delle persone che vivono nella casa, impegnate in attività che vanno dalla pulizia dei locali cucina fino a fornire l’aiuto necessario alle preparazioni di base. In questo momento nel servizio mensa sono stati inseriti due ragazzi che aiutano a fare tutta una serie di lavori: dalle preparazioni di base (lavare e pulire verdure), all’organizzazione della dispensa fino alla gestione del magazzino.
Il pomeriggio invece si lavora ad un’altra attività legata alla trasformazione alimentare: Cucina di Pina ha lanciato una linea di prodotti commercializzati attraverso la piccola distribuzione, scelta che ha portato la cooperativa Alice a investire nell’inserimento di una figura commerciale, dedicata a questa attività.
Il catering per la Ferrero
Da quasi quattro anni la Cucina di Pina ha intrapreso un nuovo servizio, il catering per la Ferrero per i loro eventi aziendali. Ne sono stati fatti circa 200, in questi anni. Una grande sfida, che ha portato Alice a misurarsi con requisiti di qualità più impegnativi. E una scommessa vinta. Francesca ci racconta dell’impegno e delle energie investite in questa attività. “C’è voluto tempo per guadagnare la fiducia della Ferrero così che ci venissero richiesti non solo eventi minori ma anche i catering per 300 persone”. Un muro altissimo da superare (a proposito di falsi miti sulla cooperazione sociale!), ma per fortuna la Ferrero ha dato fiducia al gruppo di lavoro, che è stata ben ripagata. Quella con la Ferrero è una storia di successo, ora sospesa per l’emergenza sanitaria, ma che si spera possa riprendere quanto prima.
La formazione
“Come vengono curati i percorsi formativi rispetto al successivo inserimento lavorativo?” Francesca ci racconta le fasi del percorso: “Quello che i ragazzi fanno all’interno di questo spazio è un vero e proprio percorso di integrazione, prima ancora che una formazione specifica sulla cucina. Prima di tutto viene insegnato loro come stare in un posto di lavoro, si lavora in questa fase su una “formazione umana”: la collaborazione con i colleghi, la condivisione degli spazi, il rispetto dei tempi e l’attenzione alla pulizia”.
Le persone inserite in percorsi più lunghi, oltre alla formazione obbligatoria (corsi della sicurezza), seguono una anche formazione più specifica sulla cucina. C’è possibilità di crescita fino ad arrivare a gestire la preparazione di una ricetta dall’inizio alla fine. E si impara lavorando. “Se non arrivi ad essere un cuoco, arrivi comunque ad essere un valido aiuto in cucina”. La ristorazione nel territorio dell’albese offre sicuramente delle buone opportunità lavorative, essendo di fatto un settore trainante dell’economia locale, anche se ha regole e orari impegnativi che difficilmente si conciliano con la disponibilità e con i vincoli di alcune delle persone inserite come le donne che vivono nelle comunità delle ragazze madri.
Dopo il percorso alla cucina di Pina ognuno prende la sua strada, ma tendenzialmente chi fa percorsi più lunghi si appassiona veramente al lavoro nella ristorazione. Francesca ci racconta che, tra tutte le attività della Cucina di Pina, quella del catering è sicuramente l’attività che piace di più ai ragazzi: “Non ti costringe a stare fermo dentro a una cucina, ti permette di vedere anche cosa succede dopo: entrare in azienda, allestire il buffet, ma soprattutto gli consente di guardare i volti delle persone che poi consumano le cose preparate da loro”. Questo è quello che più di tutto regala loro una carica positiva per affrontare il lavoro.
Il tutoraggio
La Cooperativa Alice, ci racconta Alessandra Vero, ha due tutor: uno aziendale – Alessandra appunto – e uno interno.
Il tutor aziendale, oltre a fare da mediatore internamente alla cooperativa, tiene i rapporti diretti con le comunità della cooperativa per individuare i ragazzi da inserire nella cucina; periodicamente si interfaccia col responsabile di servizio per “raccogliere” le esigenze della cucina e di tutte le altre attività. Si occupa anche dell’inserimento di persone provenienti dai servizi di cooperative. Si occupa inoltre di tutte le questioni burocratiche, dalla stipula dei contratti alle verifiche periodiche, fino a seguire tutti gli aspetti più tecnici con la responsabile del personale: registri, fogli ore e documentazione varia. In ultimo segue le persone sugli inserimenti lavorativi con le aziende esterne, perché il percorso dentro la cooperativa Alice a un certo punto termina e ci prepariamo ad “andare fuori”. Alessandra, con la quale ci confrontiamo anche in merito alla risposta del territorio, conferma le maggiori difficoltà sugli inserimenti lavorativi dell’area carcere e dipendenze, sulle quali si riscontrano le maggiori resistenze. “Non è la regola, ma bisogna ancora lavorare tanto affinché si sviluppi una maggiore apertura e fiducia”.
Poi c’è la tutor interna, Cinzia, un’operatrice che già lavorava in cucina come cuoca e che per sua attitudine personale ha messo in campo tutta la sua sensibilità e il suo bagaglio emozionale che le ha permesso di instaurare una comunicazione davvero speciale con ognuno di questi ragazzi. Non un capo, ma un punto di riferimento, in quanto da quello che ci raccontano “nessuno sente il timore di raccontare come sta andando l’esperienza in cucina”. Cinzia ci racconta del bel lavoro fatto negli ultimi anni, delle fatiche e dei progressi. “Ci stiamo migliorando, in tre anni di passi ne sono stati fatti tantissimi”. Il gruppo di lavoro funziona e la sinergia tra Francesca, Cinzia e Alessandra, è grandiosa… insomma quello che si dice “un gran bel lavoro di squadra!”.
Il lavoro di Cinzia si concentra sulla comprensione dei bisogni e sull’ascolto: “conoscere i ragazzi, capire intanto se siano o meno interessati. Cosa preferiscono fare”. Lavorare sulle aree di insoddisfazione, passare dal “lavare i piatti” (che può essere frustante), fino ad arrivare a svolgere mansioni più gratificanti, come le attività del laboratorio di produzione e del servizio catering. Si lavora sul raggiungimento di piccoli e grandi obiettivi e lo si fa a partire dagli aspetti motivazionali. Perché prima si lavora sulla motivazione e poi sul lavoro in sé. E la tecnica migliore è proprio l’attenzione al coinvolgimento emotivo.
Cinzia ci racconta l’esperienza di queste persone e del loro lavoro: “Qualcuno ti rende orgoglioso. Per qualcun altro arrivi a comprendere che la cucina può non essere proprio il loro ambiente ideale… ma quasi tutti hanno dimostrato buona volontà e alla fine si raccolgono i frutti”. Quindi in sintesi una volta che ci si è conosciuti, si iniziano a fissare gli obiettivi di lavoro: dall’imparare a pulire e tagliare le verdure, fino ad arrivare a lavorare sulla ricetta vera e propria. Tutte piccole cose che per loro in realtà sono grandi cose. Cinzia ci conferma che il pezzo di lavoro più amato (e forse ambito) è il servizio catering per la Ferrero. – “Uscire, andare in azienda, preparare i tavoli, allestire il buffet, fare il servizio… quel giorno sono tutti bellissimi! Per loro questo è un vero traguardo.”
Qual è il momento più difficile, dentro o fuori, quando ci si confronta con il “mondo” esterno? Cinzia ci spiega che non tutti sono subito in condizione di andar fuori, ad esempio per molti c’è il problema della lingua. La parte più difficile però è dentro, in cucina, a causa delle dinamiche che possono verificarsi: bisogna fare in modo che non si inneschino dei meccanismi tra loro, di complicità o, peggio ancora, di competizione o invidie.
L’esperienza di Gaelle
Gaelle ha 36 annni (ma non li dimostra!) ed è madre di una bimba di due anni e mezzo. Ha una qualifica da O.S.S. ma non le dispiacerebbe lavorare in una cucina. Arriva a maggio del 2019 dopo un percorso terapeutico in una delle comunità della Cooperativa Alice. Gaelle ha iniziato il suo reinserimento prima con il lavoro nella Casa di Pina e poi con un vero e proprio tirocinio nella Cucina di Pina. “Un bel percorso quello fatto con Francesca, Sandra e Cinzia”.
Questa intervista è scandita da sorriso ed entusiasmo e quando le chiediamo cosa abbia imparato in questa sua esperienza, Gaelle ci convince di essere la persona giusta, nel posto giusto. “Ho imparato tantissime cose… taglio le verdure in un modo perfetto!”. Ma non solo: Gaelle ha imparato come si allestisce un catering; ha imparato come si prepara una mensa, a usare macchinari come quello del sottovuoto e del taglio verdure… “quando non vengono tagliate a mano… ma noi preferiamo tagliarle a mano!”. Ha imparato a cucinare cose che non aveva mai cucinato prima. Ma soprattutto ha imparato la cosa più importante: ha compresso cosa sia lo spirito di squadra e di gruppo. “È stato bello. Mi manca un po’… la mia cucina”. Così la definisce infatti… “la mia cucina”. E se state leggendo questo articolo vi invitiamo ad ascoltare anche l’intervista, perché queste parole che riportiamo qui non danno fino in fondo l’idea del suo grande trasporto. La voce di Gaelle si colora di emozioni mentre ci racconta questo suo percorso.
Cosa ti porterai nel tuo futuro, finito questo tirocinio? “Il saper essere una squadra. Lo spirito di gruppo. Il poter fare un lavoro che ti piace in un bell’ambiente. E tante nuove competenze”. Tra le esperienze più belle, anche lei ci racconta del catering in Ferrero. Delle paure iniziali che ha saputo superare. Dei complimenti ricevuti per i piatti. Dell’enorme lavoro che c’è dietro “ma che non pesa perché fatto in armonia”.
Alla domanda “ti piacerebbe lavorare in futuro nella ristorazione?”, Gaelle risponde che non le dispiacerebbe (nonostante lei sia un O.S.S.). Cucinare è un po’ nel suo dna, ma si augura di trovare una cucina così, come quella di Pina ?. L’intervista si chiude con il rimando più bello che potesse dare di questo suo percorso. Gaelle consiglia a tutti un’esperienza come questa dentro la Cucina di Pina. Ci dice che nella vita si può sempre imparare qualcosa di nuovo. Ci si può trasformare. Ci si può modificare. Ci si può adattare agli ambienti… Bisogna solo avere il coraggio di lanciarsi in nuove esperienze! E ringrazia la “sua” Cucina di Pina per averle dato la possibilità di dimostrare tutto questo.